Una strana partita giocata senza guardalinee
di Andrea Giannasi
A Campbeltown la marea ogni giorno scopre la strada per l’isola di Davaar; quante volte Johnny Moscardini sarà salito fino alla grotta con il crocifisso dipinto. Correndo come quando su quei campi, dall’estate del 1925, iniziò a disegnare il calcio agli scozzesi che ne erano già maestri. Lui, con genitori barghigiani, che aveva giocato in serie A con la Lucchese e poi nove presenze con la nazionale con sette reti segnate. Le ultime due il 23 marzo a Torino contro la Francia, quando – almeno quella volta – finì sette a zero per gli azzurri.
Poi il matrimonio e il ritorno in Scozia, la fine del sogno della nazionale italiana e l’inizio di qualcosa di nuovo.
Ecco questo lo spirito che si è respirato a Barga nello stadio che ricorda quel campione di calcio con il naso lungo e la velocità di un treno.
Se andate a Campbeltown non potete non fare una visita alla Springbank Distillery dove il whiskey è ancora fatto come una volta, dove il calore unisce le passioni e ancestrali tradizioni. E proprio il caldo ha accolto i ventidue giocatori di Italia e Scozia, scrittori di libri e giornali, poeti e sceneggiatori, pronti a sgroppare su e giù per un campo bruciato dall’estate.
Non poteva che essere Barga il luogo per questo incontro dove si sono visti tanti gol e un applauso finale che liberava tutti da un’amichevole difficile tra poeti maledettamente seri quando calciano un pallone.
Tutto inizia con la velocità del tempo, basta poco dal fischio iniziale per capire che per gli scozzesi sarà dura; già dalla prima azione gli italiani si accomodano dalle parti di Stewart, un portiere quasi d’altri tempi con la sua flemma. La diga di Edimburgo dura 10 minuti e quasi con la regolarità di un fondista, da quel momento ad ogni scoccare del decimo, l’Italia segna. In mezzo pochi colpi proibiti, tanto fair play, e un pubblico che lentamente si è spostato alla ricerca del gol della bandiera. E in fondo, proprio sul finire, allo scadere, quando un uomo per parte se ne stava accasciato per crampi, tutti l’hanno vista dentro, ma Clark, o Dodd, o Fitt, con la velocità di un bimbetto sghembo l’ha messa fuori.
Anche lassù, al campo di Campbeltown è riecheggiato un “no” lungo, tra imprecazioni e la risata di Johnny che si aspettava proprio questo da uno scrittore. Mica gli si chiede di fare gol del resto.
In panchina le banane e litrate d’acqua, tanto quella che ogni giorno scopre la strada per l’isola di Davaar, e l’idea che la scrittura non si improvvisa.
Sul campo si sono viste belle cose come sgroppate di chi dimostra di stare tanto in strada come quel drago di Walter Lazzarin, un tre d’altri tempi, secco e sbilanciato. In mezzo al campo a mettere ordine per gli scozzesi l’elegante Doug Johnstone, capitano e laureato in fisica nucleare, ma prestato alla musica e alla scrittura. Tra gli azzurri davanti al portiere Ferrario, editor di professione, che è chiamato ad una sola unica difficile parata su colpo di testa del poeta Thomas Clark – che prima del calcio di inizio ha letto una ballata dedicata a Johnny Moscardini – il vincitore dell’ultimo premio Scerbanenco con Sellerio, Giampaolo Simi. Il numero 6, il capitano dell’Italia. Da entrambe le parti due scrittrici in campo. Per gli italiani la sarda Silvia Sanna, per gli scozzesi Emily Dodd che scrive storie per bambini e collabora con il Festival delle scienze di Edimburgo.
La punta scozzese ha vissuto una solitaria avventura tra le trame di una difesa azzurra veloce e dinamica. Greg Eden, che ha un curriculum lungo 25 anni di libri e che oggi lavora a Londra al Waterstones Head Office, non ha toccato praticamente palla ma è uscito con il sorriso di colui che ha “quasi” visto giocare Johnny Moscardini da qualche parte nel mondo.
Alla fine è finita cinque a zero per l’Italia, ma potevano anche essere sette o otto o peggio ancora nove i gol degli azzurri. Sarebbe stato un affronto alla storia, certo, ma Johnny se la sarebbe goduta.
Il calcio di inizio è stato del pronipote Paul Moscardini, che di campi ne ha calpestati con un buon piede da vero calciatore. Inni cantati con la cornamusa per gli scozzesi, mentre agli italiani un Mameli, che grazie a Flavio Guidi, sembrava arrivare direttamente dall’Artemio Franchi di Firenze. E sono corsi brividi mondiali.
Bella la cornice di una Barga sdraiata, appisolata, con un pubblico proveniente da Lucca, Firenze e parte della valle a chiedersi se per entrare nella nazionale scrittori bisogna essere più forti a calciare o a scrivere. Rimarrà un dilemma in attesa della prossima fiction.
Sulla partita abbiamo in parte già narrato. Apre la Iena (Italia 1) Dino Giarrusso (in realtà Emiliano Zannoni ma dalla tribuna non si è visto bene), chiude le marcature Francesco Trento che scrive per tv e cinema (molti ricorderanno “Venti sigarette a Nassirya” di Einaudi e il film per la Rai).
In mezzo la doppietta del più giovane, il più fresco e il più veloce di tutti: Carlo Grande junior. Mancava il giovane pubblico femminile per assegnarli la palma del più bello.
Nota di colore: il gatto tigrato del campo – tutti i campi di calcio hanno un gatto tigrato – al minuto ventuno del primo tempo ha cambiato posizione. Forse sentiva il caldo. L’arbitro bravo non ha sbagliato nulla e avrà fischiato si è no cinque punizioni. Nessun rigore (neppure chiesto) e nessuna azione dubbia che avrebbe potuto animare il pubblico, tra i quali un fiorentino scozzese rigorosamente senza mutande.
Sì è chiusa così la partita amichevole tra Italia e Scozia scrittori. A sera in piazza Angelio all’Osteria trasformata, per l’occasione in Campbeltown, tra ballate, racconti e whiskey (forse anche della Springbank Distillery) non si parlava d’altro che del Johnny Moscardini e di quando durante un Viareggio Lucchese, il 2 maggio del 1920, tornò a casa a piedi, dopo che un carabiniere durante una rissa scoppiata in campo, sparò ad un guardialinee. Una fucilata che colpì e uccise Augusto Morganti e Viareggio visse nell’anarchia per due giorni durante i quali neppure l’esercito fermò la voglia di darsele. Oggi con tutte queste infradito non sarebbe più possibile vedere i viareggini in rivolta.
E forse per questo la mattina al Moscardini Stadium per la partita mancavano solo loro: i guardalinee!
Le formazioni in campo.
Italia: 1 Martino Ferrario, 3 Walter Lazzarin, 6 Giampaolo Simi, 7 Carlo Grande senior, 9 Stefano Lazzarini, 10 Gianluca Lombardi, 11 Dino Giarrusso, 13 Carlo Grande junior, 18 Marco Bernini, 19 Francesco Trento, 21 Emiliano Zannoni, 22 Claudio Menni, 25 Marco Cassardo, 28 Silvia Sanna.
Scozia: 1 Martin Stewart, 4 Adrian Searle, 5 Mark Stanton, 6 Matthew Fitt, 8 Doug Johnstone, 9 Claran Mackie, 10 Peter Mackay, 11 Thomas Clark, 14 Neil Williamson, 15 Emily Dodd, 16 Greg Eden, 17 Danny Stewart, 18 Craig Robertson.
Marcatori: Emiliano Zannoni (10° primo tempo); Gianluca Lombardi (18° p.t.); Carlo Grande jr (38° p.t.); Carlo Grande jr (3° del s.t.); Francesco Trento (18 s.t.).
No: 5 pappine a 0, no! Alla Scozia, no. Fosse stata l’Albione comunque detta, o la Cuginetta Francese o la Anghela-land, anche 10, ma alla Scozia, anche se sportivamente è giusto, umanamente è stato da carogne. Non mi potete offendere un’Entità di cui sono “fond of” fin da ragazzetto! Mi sono sentito ferito dentro di una ferita malevola e vergognosa. C…(francesismo)(virgola) quanto prosecco e birra (senza grutine) mi ci sono voluti per riprendermi (male) !
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